06 novembre, 2011

Il girotondo delle identità

Prendi un uomo con le sue certezze, la sua solidità, i suoi riferimenti, i parametri ricavati con fatica durante una vita d'errori e tentativi. Collegalo a Internet, gettalo in un forum, in un social network. Lascia che apra uno, due, dieci blog. Aggiungi qualche video, un po' di spam e un pizzico di prurito adolescenziale. Lascialo macerare un paio d'anni e poi passa a raccogliere ciò che resta.
E cosa resta?
Di tutto. Spesso, ma non è la regola, gli effetti peggiori colpiscono adolescenti ancora privi di guscio e adulti privi di equilibrio o di una vita reale.
Ma può anche capitare di essere persone del tutto equilibrate che senza rendersene conto restano sopraffatti, sommersi dalla moltiplicazione identitaria che la rete sa produrre. È come l'effetto provocato a un raggio di luce che attraversa un prisma. Si costituisce un numero sterminato di connessioni, relazioni e impegni che a lungo termine possono condurre a un corto circuito.
È importante riconoscere questo momento, per emergere dall'acqua, prendere fiato e salire sull'argine a osservare con maggiore distacco e più efficace prospettiva il vorticoso e infinito fiume di chiacchiere e deliri che ingorga il web.
Alcuni non ce la fanno o più tristemente si nutrono di questo. Sono una specie moderna di vampiri, lontani dalla luce del sole oltre la finestra, destinati a vivere degli effetti (positivi o negativi che siano) che una qualsiasi delle loro identità produce in rete. Il problema che spesso tendono a perdere di vista è che internet resta una proiezione piena di difetti e imprecisioni. Da questo equivoco spesso sottovalutato divampano battaglie ridicole, zuffe a colpi di post, intere reti di spionaggio da community, con troll e sub-troll, blog e contro-blog fino al paradosso di confutare il falso come fosse vero, quando qui – tra questi bit – il vero ha un significato sbiadito.
La crescita di un essere umano, inserito in qualsiasi contesto sociale, da uno svedese di Stoccolma a un indigeno di Papua, è segnata dal passaggio fondamentale che coincide con la capacità cosciente di distinguere il bene dal male. Ogni società, beninteso, stabilisce dove porre il confine tra questi due opposti effimeri, ma il passaggio va compiuto.
In internet è bene comprendere che nessuno impone questa consapevolezza e che esistono infinite linee di confine, tante quante sono le identità di chi ci naviga: e parliamo di un numero così alto che è inutile considerarlo significativo. Per questa ragione sarebbe saggio astrarsi del tutto e riuscire a prendere (e a dare) sul web con un distacco assoluto, senza accanimenti, rivendicazioni, rancori.
La rete, in particolare quella da community e social network, è solo un enorme gioco di ruolo.
Ed è anche per questo motivo, ma non solo, che da anni ho adottato un filtro per relazionarmi con essa. Un nick, azzeccato o meno che sia, è tutto ciò che occorre. Usare il mio nome vero in un mondo intrinsecamente falso sarebbe, per me, incoerente. Lo si può fare, ma si mette in gioco più di quanto richiesto. Ci si fa carico di una responsabilità che raramente verrà corrisposta. Si introduce l'equivoco, almeno con se stessi, che daremo ciò che siamo al web. Quando sappiamo che, prima o poi, forti della distanza che il web stesso ci garantisce, porremo filtri, schermi e rielaborazioni di noi stessi per offrire soltanto ciò che vogliamo: il nostro meglio o il nostro peggio. Una maschera, come nella vita reale, che gli altri però potranno valutare con mezzi molto meno incisivi che in un incontro intorno a un tavolo.
Vogliamo comunicare, veramente? vogliamo capire se ci sono delle affinità, se abbiamo interessi comuni, se possiamo costruire qualcosa di concreto? Lo faremo fuori da qui.
Nel frattempo, piedi per terra, nick o nome reale, immagine rubata o foto autenticata, teniamo sempre presente che internet è un gioco di ruolo. E parlando in generale, fanno parte del gioco anche tutte le relazioni che si instaurano (senza distinzione tra positive e negative), almeno finché non trovano consacrazione a rete staccata.

2 commenti:

gelostellato ha detto...

io invece ho adottato l'aspetto opposto, ma alla fine la radice è la stessa.
nome e nick
pubblici
pure le password le dico a tutti
è tutto uguale, per me, dentro e fuori la rete, ma solo perché se non fosse così, effettivamente, come dici tu, avrei problemi.
quindi sì, mi sa che son due modi diversi ma simili di affrontare la stessa questione.
:)

Strumm ha detto...

@gelo: l'approccio è diverso, ma, appunto, l'obiettivo è lo stesso. Solo attraverso la conoscenza del territorio in cui ci si muove si può misurare il proprio gesto e stabilire il proprio percorso.