16 novembre, 2011

Dove finiscono le dita

Oggi, mentre facevo editing spinto di un documento tecnico scritto coi piedi – non mi sento di escludere che fossero anche storti, con le unghie lerce e gnocchi neri tra le dita –, mi sono messo in cuffia Fabrizio De André. Era molto tempo che non lo ascoltavo, ormai la musica che mi accompagna è tutta straniera, ma a lui regolarmente torno, perché mi rassicura, e non tradisce mai.
Così, tra l'aggiustamento di un formato paragrafo e la riformulazione completa di un periodo contorto, ho aperto wikipedia per dare un'occhiata alla pagina a lui dedicata.
In cima a tutto è riportato un verso meraviglioso di "Amico fragile", che recita:

« ...pensavo è bello che dove finiscono le mie dita
debba in qualche modo incominciare una chitarra»

È una frase incredibile, più la leggo più capisco quanto sia legata alla mia vita.
Potrei sostituire chitarra con basso, o con penna, con tastiera, con pennello o matita. La parte che proteggo di me, quella che amo, che mi ha permesso di sedermi su questa roccia piatta che mi infonde equilibrio è tutta qua. Un cordone ombelicale che collega me stesso allo strumento che volta per volta mi completa. È un tubo carnoso invisibile in cui fluisce un sangue dorato, l'essenza, l'anima.
Ognuno dovrebbe averne uno, ognuno dovrebbe desiderare di completarsi fuori da sé. Quando parlo di completamento intendo espressione. Non è forse questo uno degli aspetti che ci distingue dagli animali? L'esigenza di dare forma a un pensiero, a un desiderio, a un bisogno che vada oltre l'istinto?
Siamo bestie, questo è certo, ma esiste sempre un piccolo vuoto da colmare. Mi ritengo fortunato perché, sin da piccolo, ho sempre nutrito, usando forme differenti, questa bocca vorace. La passione è solo questo, una fame da saziare. La fame più essenziale. Prescinde da tutto.
A volte, come ora, penso che si possa vivere senza amore e affetto se si ha la possibilità di curare le proprie passioni. E lo dico da uomo privilegiato che gode di amore e affetti immeritati.
Se dovessi immaginare un uomo disperato sarebbe così: senza passione, senza desideri, senza voglia di esprimere se stesso.
Dall'altra parte delle dita non deve esserci per forza uno strumento, ma anche un libro, una pianta, un cucciolo di cane.
Fate questo gioco: nella frase di Fabrizio De André, sostituite "una chitarra" con quello che amate di più.
Preoccupatevi se non avete nulla da scriverci. Allora sì, sono cazzi.

3 commenti:

gelostellato ha detto...

mi stava scappando "una bella figa" come sostituto, ma era solo il gusto della battuta ;)

Strumm ha detto...

Come posso negare la legittimità di una passione del genere?

Glauco Silvestri ha detto...

Ok... visto che la f... non si può mettere, opterò per il mio mac! :(