07 dicembre, 2011

Dostoevskij, Bunker e poi l'oblio.

"Ivan Karamazov, l'aveva detto con poche parole essenziali; «Se non c'è nessun Dio, allora tutto è permesso»."
È una citazione dell'immenso Fedor Dostoevskij che Edward Bunker usa per sintetizzare parte del pensiero di Troy Cameron, protagonista del bellissimo "Cane mangia cane".
La vicinanza dei due autori è sin troppo evidente. Dostoevskij può essere senza dubbio indicato come uno, se non il solo, capostipite del genere "noir". In "Delitto e Castigo" del 1866, credo per la prima volta in assoluto, il protagonista è il criminale e lo sviluppo, quasi del tutto psicologico, ha inizio dall'atto criminoso di cui è rivelato come colpevole. Questo rovesciamento di prospettiva rispetto al romanzo giallo determina un elemento fondante del nuovo genere.
Bunker è, per mio gusto personale, tra gli autori più efficaci e credibili degli ultimi anni, sebbene i suoi siano romanzi assimilabili al noir fino a un certo punto. Sono più viaggi psicologici e sociali, quasi romanzi di formazione, e in questo il suo maestro è senza dubbio il russo di cui sopra.
Comunque, su questi temi si è scritto e si potrebbe scrivere fino al varo di un decreto che tagli le spese agli armamenti in Italia (ordini per 131 aerei f35/jsf il cui costo base è 18 miliardi) e quindi passo oltre.
Questo post è riferito alle implicazioni sterminate che la frase di Ivan Karamazov contiene.
Sono quello che si definisce un agnostico. In poche parole non credo all'esistenza di un dio né alla sua non esistenza.
Di certo rifiuto la necessità e il valore di qualsiasi organizzazione, dottrina o forma di mediazione tra le creature viventi e una forma "divina". Dico creature viventi e non senzienti, perché non escludo che forme di vita che ci arroghiamo il diritto di considerare inferiori, siano in costante e diretto rapporto con l'entità che ci sforziamo, spesso ipocritamente, di evocare, adorare e usare come scudo. Chi ci dice che un cane, un gatto o un lombrico non parli con Dio più del cardinal Bertone? Di sicuro è più in sintonia con la natura (che dovrebbe essere diretta emanazione della volontà celeste).
Comunque il punto è un altro: da ateo agnostico non posso che sottoscrivere la sintesi di Karamazov e limitare qualsiasi regola alla sfera della morale e della cultura che ci siamo costruiti. Per questo motivo rivendico anche il diritto di confutarla sotto ogni aspetto e di ridefinire un insieme di regole private il cui unico scopo sia il rispetto delle mie convinzioni e della mia morale. Devo essere in pace con me stesso, non mi interessa essere per forza in armonia con la società che non mi sono scelto.
Infine, questo è il punto dolente che mi fa arrovellare, è un'altra ovvia implicazione della frase di Dostoevskij: se non c'è nessun Dio, non c'è neanche nessun significato, nessuno scopo. Tutto si limita all'equilibrio con il proprio io. Qualsiasi gesto della vita quotidiana si svuota di significato prospettico. Il domani è un concetto delirante, illusorio. La costruzione e il progetto, l'ansia per il futuro, per le conseguenze che le attuali scelte produrranno valgono il conforto dell'attimo e nulla più.
Ha senso il presente, nei suoi riflessi emotivi, nell'onesta proposizione della propria identità, nell'appagamento del desiderio secondo la sensibilità di ciascuno.
Sono valutazioni che chiunque ha fatto o può fare. E non mi intristiscono neanche un po', mi spaventa solo la maggiore solidità che certe considerazioni acquisiscono giorno dopo giorno.
Quello che è deprimente, nella mia visione delle cose, è che si debba continuare a lottare anche sul piano materiale ogni giorno, nonostante si abbia la convinzione che sia la costruzione del nulla.
Il punto è che, oblio o non oblio, amo ancora la vita in modo profondo. Sono tenacemente avvinghiato ai miei affetti, alle mie passioni e voglio, prima di raggiungere un oblio rasserenante, goderle a lungo e con il minor numero di compromessi possibili.
Quello che veramente mi disgusta è la società iniqua e distorta che ci siamo costruiti intorno, la vigliaccheria profonda che mi ha trasmesso e che mi impedisce di infrangere i legami con una dimensione che, comunque la guardi, continuo a ritenere insensata e di valore nullo.
L'oblio, se calasse dall'alto senza preavviso e annichilisse tutta la nostra insana consapevolezza elevandoci agli animali che troppo spesso bistrattiamo, sarebbe il dono più grande che qualunque entità superiore potrebbe donarci. Ma forse è essa stessa troppo sadica per privarci dell'intelligenza e della supponenza che ne deriva.

2 commenti:

gelostellato ha detto...

Il fil rouge dosto-bunker non l'avevo mai notato troppo, ed è bello, e cosa su cui riflettere.
e mi fai pentire di aver mollato delitto e castigo troppo presto, ma forse, all'epoca, non ero ancora pronto. :)
Adesso forse...

Strumm ha detto...

Grazie Gelo per l'apprezzamento. Il collegamento ideale tra i due autori l'avevo sempre intuito, ma la citazione fatta da Bunker mi ha indotto ad approfondire la riflessioni, con gli effetti deleteri che puoi vedere...

Sì: "Delitto e castigo" è un dovere formativo. Ce la puoi fare. Ricordati sempre che è del 1866, aiuta. ;-)