Sono giorni difficili. Di quelli in cui non riesci a concentrarti su nulla. Ho il pensiero che mi galleggia attorno, sospeso, ronzante come un insetto fastidioso.
Provo una sensazione di angosciante impotenza. Vorrei fare qualcosa e so che non posso fare nulla. Appeso a notizie su cui non ho controllo e che mi inducono speranze contrastanti. Il senso di una responsabilità terribile, condivisa con altre due persone e per questo più leggera, ma più complessa.
Obbligati all'attesa.
Per un fatalista come me non dovrebbe essere una situazione così inaccettabile, tuttavia quando non è il tuo destino al centro della questione, certe convinzioni tremano. Inevitabile allora proiettare il ragionamento in altre direzioni, replicarlo, deformarlo, piegarlo nel modo che soddisfi l'esito del tuo ragionamento. E sapere che l'esito precede il ragionamento di cui è figlio, che spesso costruiamo solo il sostegno per provare ciò di cui siamo rigidamente convinti, non risolve alcuna questione.
Si tratta di scelte e responsabilità.
Non c'è mai una risposta definitiva, indiscutibile, pacificatrice.
Potrei elencare una sfilza di luoghi comuni che descrivono la situazione. Ma non aggiungerebbero nulla.
Il punto è che quando si avanza nella nebbia non si sa mai con certezza con cosa bisogna scontrarsi.
Da ragazzino la cecità mi suscitava una curiosità quasi morbosa. Provavo spesso a muovermi nel buio più completo. Lo facevo per pochi minuti, insufficienti per provare una reale angoscia, ma abbastanza per rendersi conto di quanto sia difficile nonostante ci si muova in un terreno che si conosce, che la vista ha già registrato. Il motivo, suppongo, è dettato dal fatto che il nostro cervello registra contestualizzando e quindi anche la "visione" mentale di un ambiente familiare è mediata dall'utilizzo che di quella registrazione dobbiamo farne. Così la sedia è troppo vicina, la scrivania troppo lontana, i passi non corrispondono. Il battito accelera fino a voler recuperare il controllo.
Il mio fatalismo crolla secondo lo stesso percorso logico: per quanto temprato negli anni e negli eventi sfortunati già vissuti, è vittima di una registrazione errata e non sa fronteggiare con la dovuta freddezza l'orlo di un precipizio reale. Tutto il raziocinio sbiadisce, resta un senso di smarrimento che va inquadrato, ridefinito o assorbito sul piano emotivo.
È solo un pensiero sospeso, galleggiante tra la ragione e l'imprevedibilità e ineluttabilità della vita.
In un bellissimo brano dei New Model Army, all'interno dello splendido "High", dal titolo "No mirror, no shadows" c'è un semplice verso che recita: "Nothing is ever meant to last".
Bisognerebbe sempre tenerlo a mente, anche quando il pensiero, sospeso, galleggia attorno a noi come un'ombra profonda.
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