28 dicembre, 2010

L'ospite d'inverno

Esiste un bellissimo, quanto drammatico, film con questo titolo interpretato da Emma Thompson e sua madre Phyllida Law. Un film di Alan Rickman del 1997.


Il significato del titolo, chiaro per chi abbia avuto la possibilità di vedere il film, si accosta piuttosto bene – sebbene in chiave molto più leggera – alle sensazioni che anticipano l'esperienza che sto per iniziare.
Domani mattina, sospetto molto presto, parto per il Passo del Tonale.
Ho visto le temperature medie, adatte per un bue muschiato, un po' meno per chi ama senza tentennamenti l'estate, le temperature infernali e il sole h24.
Comunque, nella vita si dice che bisogna provarle tutte (anche se mi riserverei sempre un "quasi" per ogni evenienza), quindi devo provare anche questa.
Cinque giorni a devastarmi dal freddo e a mettere a repentaglio articolazioni e tendini.
Confido molto nei rifugi, nei grappini e in una camera calda all'inverosimile.


Sono sopravvissuto all'orda di barbari che ieri saccheggiava un noto negozio di articoli sportivi, dove – da neofita assoluto – ho cercato di arrangiare un abbigliamento un filo più professionale del ragionier Ugo, ragion per cui credo di poter superare questi pochi giorni di montagna, ma nel caso qualcosa andasse storto, invece di piangermi o rimpiangermi, andatevene al mare anche per me.

23 dicembre, 2010

Follie di Natale

Ogni tanto, non si sa bene perché, qualcuno decide di fare delle domande a qualcun altro.
Forse è per abbattere la noia.
Comunque, quando le domande sono sceme e le risposte sono anche peggio, viene fuori qualcosa del genere:

http://ilblogdigelo.blogspot.com/2010/12/interviste-falliche-con-persone-folli.html


Di peggio, in tutta onestà, dubito si possa fare...

13 dicembre, 2010

Fonte d'ispirazione

Grazie a una domanda di Raffaele Serafini, mi è venuto in mente di condividere con voi un quadro che amo. "Blinde Mutter" di Egon Schiele (1914), ammirabile al Leopold Museum di Vienna.

01 dicembre, 2010

La settimana nera del cinema

Sono giorni troppo brevi, zeppi di impegni perlopiù sgradevoli, ma un minuto da dedicare alle ultime funeste notizie dovevo trovarlo.
Questa settimana va annoverata tra le più tristi da molto tempo a questa parte, in un anno già falcidiato da brutti eventi.
Se ne è andato un gigante, forse l'ultimo dei grandi registi del cinema italiano: Mario Monicelli.
Non che a lui sarebbe importato qualcosa, ma nel rispetto della persona che era e del suo stile, non aggiungo molto. Lo ringrazio solo per l'incredibile eredità che ci lascia, per la coerenza, l'intelligenza e l'inarrivabile personalità.
Autore di 106 film, regista di 68. 95 anni di arte. Nessuno giudichi, limitiamoci a godere dei suoi doni.

Altra dipartita dolorosa è quella di Leslie Nielsen, maschera comica eccezionale, ma soprattutto attore vero, con una carriera infinita. Versatile ai massimi livelli. Lo si ricorda con affetto per la lunga serie di film demenziali, parodie dei generi più classici, ma basta scorrere il suo profilo su IMDB rendersi conto che c'era molto altro.

Torno alle mie noiose occupazioni.

23 novembre, 2010

Mattina di novembre

La tettoia fuori dalla cucina goccia. Al centro, proprio sotto la luce, dove non possiamo ignorarla.
Iaco lascia le sue tracce sul mattonato, ben in vista, dove non possiamo ignorarle.
Sul binario c'è una vecchia bottiglia di birra. Sta lì da almeno da quattro anni. Le cartacce si dissolvono o vanno via col vento, ma la bottiglia no. Sta lì a ricordarci l'incuria, come se ce ne fosse bisogno.
Sta lì, dove non riesco a ignorarla.
La tettoia fuori dalla cucina goccia. E metterci mano ogni anno non serve. L'acqua trova sempre la sua strada, come fanno i brutti pensieri.
A novembre è facile essere scuri in volto. Sarà la luce soffocata dalle nuvole a rendere le facce più grigie. Sarà la pioggia interminabile che rende più scomoda la giornata, più fredda la casa, più brutta la città.
Sul treno le persone sono insofferenti, lo spazio appena sufficiente a piantarci i piedi diventa prezioso come l'aria, come l'acqua. C'è una donna al telefono, cinguetta per venti minuti fregandosene degli altri, fregandosene del cappuccio gigante che struscia contro chiunque sia alle sue spalle. Vorremmo tutti, ma non possiamo ignorarla.
Un ministro abusa di uno spazio televisivo solo in apparenza indipendente, e un conduttore, privo di qualsiasi personalità, si genuflette e non sottolinea l'invadenza, la scorrettezza, l'inopportunità. Non dovremmo lasciar passare, non dovremmo ignorare, ma ciò che balza di più agli occhi il giorno dopo è il numero dei telespettatori, il resto perlopiù si ignora.
La tettoia fuori dalla cucina goccia, imperterrita, ostinata, forse mi sta dicendo qualcosa. Guardami, sveglia, non sono un lavoro fatto male, sono un allarme. Per me è solo un fastidio costante, ai margini della coscienza. E a volte vorrei tirare giù tutta la casa, vorrei vuotarla ammucchiando tutto in giardino, cospargere di benzina la montagna di oggetti inutilmente accumulati negli anni e disfarmene.
Sarebbe liberatorio ripartire da una casa vuota, come quando si riordina un vecchio cassetto o si libera un portafogli dalle carte inutili.
Sarebbe straordinario poter ridurre il tutto a poche cose, essenziali, impossibili da ignorare.
Ma è un proposito per l'anno nuovo, per la settimana prossima. Ora è solo una mattina di novembre, il mese più piovoso dell'anno, in cui tutta l'umanità goccia. Ma basta girarsi dall'altra parte.

15 novembre, 2010

Educazione di una canaglia

Ho finito "Underworld" di Don De Lillo. Una lettura lunga quattro mesi: troppo. Posso solo aggiungere che è un grandissimo libro ed è un autore magnifico, ma la lettura di un romanzo non può diluirsi così. Si perde il filo, il cuore, l'intensità.
Per ripartire con brio ho aperto "Educazione di una canaglia" di Edward Bunker. Autore che apprezzo molto. Mi ha colpito e mi ha fatto riflettere la breve nota di James Ellroy che campeggia sulla copertina. Definisce Bunker uno scrittore autentico.
E' un'affermazione semplice, ma il suo significato ultimo mi ha indotto a rivedere quanto sto facendo.
La stesura del secondo romanzo si è arenata circa un mese fa a causa di dubbi sostanziali sullo sviluppo della storia. In prima battuta ero convinto fossero questioni tecniche, dovute alla complessità dell'intreccio e alla possibilità di dominare alcune ambientazioni lontane dalla mia esperienza. Ora ho capito che, più semplicemente, ero vittima della mia ostinazione. L'impostazione prefissata era distante da quello che sono io ora. E un autore deve scrivere ciò che è, non ciò che vorrebbe essere.
Devo ripartire da questa considerazione, cambiando - se possibile - la struttura del romanzo o congelandolo finché i tempi non saranno maturi. D'altra parte si può scrivere altro, le idee non mancano e la voglia neanche.

04 novembre, 2010

Incauto acquisto

Mi sembrava carino pubblicare un racconto inedito per inaugurare questo blog. Eccovelo di seguito!
Spero apprezziate, e comunque è gratis!




Da quando era stato promosso a capo della divisione Vendite, Diego Garbin era diventato – suo malgrado – abituale compagno di pranzo di Guido Sanchez Agosti, alias Lo Squalo.
Diego, come tutto il resto dell’azienda, detestava profondamente Lo Squalo. Rappresentava l’archetipo del manager new economy: arroganza, supponenza, incompetenza… Insomma una lunga lista di nza dall’accezione negativa. Gli ricordava un personaggio a caso di “American Psycho”. Non che lui potesse chiamarsi fuori, era comunque il capo della divisione Vendite, subito sotto l’amministratore delegato, ma ci era arrivato coi piedi sempre ben piantati a terra e conosceva a fondo la sua materia.
Allo Squalo andava riconosciuta l’intraprendenza, l’assoluta mancanza di scrupoli e l’ottimo fiuto che gli permettevano di trovare di volta in volta la sponda politica vincente con un pizzico di anticipo rispetto ai suoi colleghi. Così, a quarantacinque anni da compiere, Guido Sanchez Agosti era a capo della divisione Finance, in pratica teneva i cordoni della borsa di un’azienda che contava quasi ventimila dipendenti e un fatturato da capogiro.
Ma era tutto lì: più pranzavano insieme, più Diego si rendeva conto di quale vuoto siderale contenesse il corpo flaccido e lattiginoso dello Squalo.
Era un uomo prigioniero di ossessioni assurde. L’apparenza era tutta la sua sostanza. Si preoccupava di avere il modello di macchina aziendale adeguato alla sua posizione; si preoccupava che il colore della macchina fosse adeguato al modello e quindi alla sua posizione; si preoccupava che il colore degli allestimenti fossero adeguati… Insomma, una catena interminabile di vincoli assurdi.
Con la stessa logica era fissato su abbigliamento, modello di cellulare, modello di palmare e notebook, modello di Mont Blanc, quartiere in cui abitare, tipo di palazzina, piano dell’appartamento, metratura. Una gabbia di paranoie.
Il più del tempo, durante i pranzi che Lo Squalo gli imponeva presso l’unico ristorante adeguato nei pressi dell’ufficio, un posto in cui, un brunch qualunque, costava non meno di trenta euro a testa, Diego era costretto a subire sproloqui surreali su scarpe artigianali, acquisti Hi-Tech su Internet, viaggi in Polinesia Francese e investimenti immobiliari tra Trentino e Costa Smeralda.
Per Diego il pranzo era diventato più atroce delle riunioni fiume di venerdì sera, quando i top manager gareggiavano su chi lasciava il meeting per ultimo, solo per dimostrare lo sforzo fuori misura profuso per l’azienda. Spesso l’amministratore delegato, assicuratosi che sarebbero stati tutti presenti, comunicava loro che non avrebbe preso parte all’incontro e che si aspettava un verbale dettagliato nella sua casella di posta entro le nove del sabato mattina.
Beh, quelle riunioni cominciavano a pesare su Diego meno dei pranzi con Lo Squalo. Quest’ultimo doveva averlo preso in simpatia. D’altra parte Diego – essendo stato l’ultimo promosso a capo di una direzione – non aveva ancora affinato gli strumenti per evitarsi quella tortura quotidiana.
L’apice, o il fondo, era stato toccato qualche settimana prima. Erano seduti al tavolo più adeguato del ristorante; sull’esclusiva pedana che da un angolo dominava la sala.
In attesa delle ordinazioni, Diego osservava le persone sedute agli altri tavoli, lasciando che Lo Squalo si parlasse addosso e concedendogli rapidi cenni col capo di tanto in tanto, giusto per non interromperlo e non sentirsi in dovere di fare vera conversazione.
«Ma mi stai a sentire?» gli fece a un tratto Sanchez Agosti.
«Scusa, mi ero distratto, che dicevi?»
«Hai sentito di questa storia sulla moratoria sulla pena di morte?»
«Certo.»
«Tra qualche tempo potrebbero non esserci più paesi che la applicano.»
Stupito dall’argomento, straordinariamente serio rispetto alla norma, Diego si drizzò sulla sedia e si fece attento. «Per come la vedo io, è un bel passo avanti» commentò.
«Sì, sì, può darsi. Anche se, a mio giudizio, per alcuni crimini, la pena di morte è l’unica soluzione. Ma non è questo il punto.»
«Ah no? E quale sarebbe?»
«Escludi paesi come la Cina, l’Iran et similia…»
“Et similia: tipica espressione da coglione new economy!” pensò Diego.
«Ecco, tolti quei paesi, l’unico nel mondo Occidentale che applica con frequenza la pena di morte sono gli Stati Uniti.»
«Sì, credo di sì. Il Texas e la California di sicuro.»
Diego non riusciva a capire dove volesse andare a parare, ma la conversazione di quegli ultimi due minuti valeva più di quelle degli ultimi due mesi.
«La scorsa settimana ho trovato su un sito internet la lista dei condannati in attesa di esecuzione. Per ora l’unica data certa riguarda un certo Raymond H. Jefferson, un omicida recluso nel braccio della morte da quasi quindici anni. L’esecuzione è fissata per il cinque di maggio.»
«Dubito che i tempi di applicazione della moratoria saranno abbastanza brevi per risparmiarlo…» rispose Diego.
«Spero proprio di no!» esclamò lo Squalo sghignazzando e ficcandosi in bocca un grissino.
A questa risposta Diego non poté fare a meno di sbarrare gli occhi. Non sapeva se interpretarla come una battuta o se implicasse un ragionamento assurdo che ancora non riusciva a intuire.
«Come, speri di no? Ti auguri che lo uccidano?»
«Mi auguro di non aver buttato i miei soldi per niente!»
«Ma che stai dicendo?» chiese ancora Diego. Nel frattempo la cameriera aveva servito i primi, ma lo stomaco di Diego si stava chiudendo.
Lo Squalo attese che la ragazza si fosse allontanata, poi si sporse verso di lui e gli sussurrò: «A te voglio dirlo. Sei l’unico in azienda con cui posso confidarmi: ormai siamo amici
Il peso di questa affermazione completò la scomparsa d’appetito. Lo Squalo lo riteneva un suo amico, da un lato rabbrividiva per l’enormità dell’abbaglio, dall’altro avrebbe voluto scoppiare a ridere e urlargli in faccia l’opinione che aveva di lui. Così, giusto per vederlo sprofondare, ma si trattenne. Il suo nuovo amico non si era comunque preoccupato di leggere la sua espressione, tanto era preso dall’importanza della confidenza.
«Assisterò all’esecuzione di persona!» gli confessò entusiasta.
«Stai scherzando?» esclamò Diego, incapace di contenere lo choc.
«No! Ho trovato il modo di farmi inserire nella lista.»
«Ma è pazzesco! Per quale motivo?»
«Come per quale motivo?» chiese stupito Lo Squalo. Si tirò indietro e fissò Diego come se lo vedesse per la prima volta. «Non capisci?»
«A dire il vero, no.»
«Cazzo, ma è un’esperienza unica! Una cosa esclusiva, mi costa cinquantamila euro questo scherzetto. Viaggio escluso!»
«Sì, ma cosa ci trovi?»
«Sveglia! Assistere a un’esecuzione capitale per iniezione letale è uno spettacolo unico, lento e intensissimo. Sarò seduto tra i parenti dell’omicida e quelli della vittima. Sempre che decideranno di esserci. Potrebbe essere addirittura l’ultima esecuzione della storia degli Stati Uniti!»
Diego comprese che sarebbe stato del tutto inutile intavolare una discussione sull’argomento con quell’alieno. Osservò il piatto confidando in un risveglio dell’appetito che lo distogliesse dalla conversazione e gli consentisse di non guardare in faccia il pazzo. Ma lo stomaco non voleva proprio saperne, e dopo il primo boccone si arrese.
«Non sai che giro ho dovuto fare per ottenere un aggancio serio. Alla fine ci sono arrivato tramite un venditore di eBay. Un americano con cui avevo già avuto contatti per altre cose, mi ha fornito l’indirizzo e-mail di questo tipo di Sacramento. Uno a cui puoi chiedere qualsiasi cosa, legale o illegale che sia.»
«Immagino che questa sia illegale.»
«Di per sé non è illegale essere presente all’esecuzione, ma la lista segue dei criteri molto rigidi. Ti dico solo che mi sta preparando dei documenti d’identità falsi, mi sostituirò a un’altra persona. Questo è illegale» aggiunse con un sorriso orgoglioso.
«Tu sei pazzo!» Diego glielo disse con la massima sincerità possibile, perché era parte del suo reale giudizio, ma Lo Squalo lo prese come un complimento.
Scoppiò in una risata fragorosa. «Lo so, è una follia, ma se non si fanno per queste cose. Cazzo, quando mi ha sparato cinquantamila ho tentennato, ma poi mi son detto: chi se ne frega. Potrei non avere più l’occasione!»
Diego era così disgustato dalla conversazione, che si sforzò di rimuoverla dalla memoria dal momento stesso in cui si alzarono dal tavolo. Nelle settimane seguenti riuscì a evitare in modo quasi sistematico i pranzi con Lo Squalo. In ogni caso non riparlarono più della questione e Diego non ci pensò più fino al trenta di aprile, quando gli arrivò l’sms dall’alieno: “Parto domattina, quando torno ti racconto. Ciao.”
***
Sanchez Agosti si recò al motel indicato dal suo contatto, sull’autostrada appena fuori Sacramento. Aveva con sé la ventiquattrore coi contanti che aveva ritirato presso una sede della Bank of America.
Dave Stanton, era un uomo grosso come un armadio, coi capelli biondi tagliati corti e naso e zigomi da pugile.
Lo fece accomodare mentre gli preparava un whisky.
Lo Squalo era sopraffatto dall’entusiasmo e dall’effetto eccitante del viaggio. In più era gonfio come un pavone per l’opportunità di sciorinare il suo fluent english!
Afferrò con sicurezza il whisky e lo bevve tutto d’un fiato.
Si risvegliò in un’altra stanza, davanti a un’enorme televisore al plasma.
Non comprese subito dove si trovava. Aveva un forte mal di testa. L’ultima cosa che ricordava era la faccia di Stanton che gli porgeva il whisky, doveva avergli fatto male. Sbatté gli occhi cercando di trovare concentrazione, poi cercò di alzarsi in piedi e allora mise a fuoco la situazione.
Aveva polsi e caviglie legate a braccioli e zampe di una grossa sedia. Non indossava più la camicia e non sentiva alcun dolore tranne il cerchio alla testa.
Nel televisore vedeva se stesso. La telecamera era posta su un cavalletto davanti a lui, sulla sinistra. Nell’inquadratura poteva scorgere solo un piccolo carrello alle sue spalle.
Una plafoniera rischiarava l’ambiente diffondendo una luce giallastra. Il pavimento era rivestito di moquette grigio verde.
Stava riacquistando lucidità poco alla volta.
Si chiese dove fosse finito e perché fosse legato. Subito dopo si ricordò della valigetta coi soldi, non riuscì a scorgerla da nessuna parte.
Provò a muoversi con tutta la sedia, ma doveva essere fissata al pavimento, perché non riuscì a sollevarla di un millimetro.
Iniziò a preoccuparsi e urlò.
Per un po’ non accadde nulla, urlò più volte, chiedendo aiuto prima in italiano, poi in inglese.
Dopo una decina di minuti, Stanton irruppe dall’unica porta.
«Shut up!» gli urlò con uno sguardo carico d’odio.
Lo Squalo provò un misto di sensazioni contrastanti: era terrorizzato da quell’uomo che con tutta probabilità l’aveva sequestrato e gli aveva rubato i soldi, ma era anche soddisfatto della sua comprensione dell’inglese. Anzi, quell’accento era americano! Per un attimo fu tentato di lasciarsi andare in un sorriso.
Stanton gli si piazzò davanti oscurandogli lo schermo.
«So, fucking bastard, you wanted to see a man dying, didn’t you?»
Parlava veloce e aveva un pesante accento, ma Lo Squalo aveva afferrato il senso della frase.
«Well, yes, we have an agreement for that. You’ve got my money!» Intuiva di non essere nella posizione di poter avanzare pretese, ma sperava che fosse tutto uno stupido equivoco e che la cosa si potesse ancora risolvere per il meglio.
«Yes, man. Now it’s my money. You’re gonna get exactly what you’ve asked and paid for. But there’s no need to wait Ray Jefferson’s execution. You’ll be the man!» concluse la frase spostandosi di lato e indicandogli teatralmente la TV.
«What… what do you mean?» chiese balbettando mentre il sudore cominciava a colare abbondante sul viso.
Avrebbe avuto l’esclusiva, avrebbe assistito allo spettacolo che tanto aveva desiderato. Sarebbe stata l’ultima cosa a cui avrebbe assistito. Ne avrebbe avuto una versione ancora più esclusiva, da spettatore e vittima, potendo provare anche il dolore del condannato.
Urlò più forte di prima, implorando pietà.
«Shut up! Nobody can hear you. Get ready for the show!»
Stanton gli bloccò la testa in modo che guardasse dritto davanti a sé. Gli tenne le palpebre spalancate con del nastro e procedette con le iniezioni, secondo la sequenza standard.
Guido Sanchez Agosti assistette all’esecuzione seduto in prima fila, immagini atroci distorte dalle lacrime accompagnarono gli ultimi momenti d’agonia.
***
Due settimane dopo, le autorità americane riconsegnarono il corpo alla famiglia, insieme allo sconvolgente referto autoptico. Lo Squalo non aveva nessuno tranne i genitori, e il piccolo gruppo di persone attorno alla bara, durante il funerale, era composto solo dal top management dell’azienda. Questa volta c’era anche l’amministratore delegato. Mancava solo il direttore della divisione Vendite.
Tenere segreto il motivo di quel viaggio, il significato dell’assurda morte per iniezione letale, secondo Diego era molto più di quanto Lo Squalo avesse mai meritato. Seduto nel piccolo bar all’angolo, mentre i suoi colleghi recitavano altrove la parte degli amici affranti, Diego tirò la linguetta di una lattina di birra e addentò con l’animo tranquillo un appetitoso panino con la mortadella.

03 novembre, 2010

Evento 3 e 26 Novembre con "I ragni zingari" di Nicola Lombardi

Vi segnalo questi due eventi dedicati al libro "I ragni zingari" di Nicola Lombardi.
Un romanzo, a mio modesto parere, davvero bello. Raffinato, cupo e inquietante.

Se fosse dalle mie parti non me lo farei scappare.

Tutti i dettagli li trovate qui >>

Recensione di Diario Pulp

Mi fa piacere segnalare questa nuova recensione di Diario Pulp. Accurata e attenta.

Recensione su Wasabix.com

28 ottobre, 2010

Under "Underworld"

Nonostante la mia testardaggine, da almeno un paio di anni mi sono concesso la possibilità di lasciare i libri a metà.
Nella maggior parte dei casi questo succede se le opere si rivelano deludenti, false o, più semplicemente, scadenti. Per trentotto anni - fatta eccezione per i primi tentativi di completare "Gente di Dublino" (cosa che poi mi è riuscita con somma soddisfazione) - non mi ero mai fatto sconti: se iniziavo a leggere, dovevo finire.
Il problema è che da metà agosto sono inchiodato in un terribile limbo. Il libro che sto leggendo, circa 900 pagine, è a tratti di una bellezza sorprendente, malgrado questo non scorre neanche mettendolo su uno scivolo con 30 gradi di pendenza.
Il libro è "Underworld" di Don De Lillo. Un libro straordinario, un quadro magistrale della società americana degli ultimi 50 anni del secolo scorso. Intrecci su intrecci e un filo sottile che percorre le vicende e le collega alla perfezione. Ci sono pagine e passaggi che fanno venire i brividi, una varietà stilistica da fare invidia contorna in modo incisivo ogni parte, aderendo ai personaggi e alle loro storie come un guanto.
La difficoltà, almeno per me, è la lentezza e la densità che ogni frase contiene e sottende. E' un libro che impegna ogni neurone del lettore, che non si può leggere per mettere pagine in cascina. Bisogna prestare attenzione, investire energie. Ad averlo saputo, con tutto lo smisurato rispetto per un autore di questo livello, l'avrei lasciato sullo scaffale per qualcuno più robusto di me.
Ma non lo chiuderò, sono rimaste meno di cento misere pagine, è una questione di principio. Se non schiatto prima, arriverò all'ultima riga!

Sembra assurdo, ma lo consiglierei a chiunque me lo chiedesse...

27 ottobre, 2010

Dolcetto o scherzetto?

Mi fa piacere segnalarvi questa serata speciale in occasione del 31 ottobre.
Durante la serata verranno letti anche racconti inediti di Daniele Bonfanti e Riccardo Coltri. Opere inserite in una raccolta pubblicata da Delmiglio Editore e presto disponibile nelle librerie.


Lettura di Ognissanti
Melissa, il fantasma dell'A4

Nella notte del 29 dicembre 1999, in quattro autostrade altrettanti automobilisti furono partecipi, tanto reciprocamente distanti quanto inconsapevoli, di un evento sconvolgente: tutti investirono - o rischiarono di investire - la stessa ragazza, che in tre casi si rivelò essere una visione. Da lì sarebbe nato il caso di Melissa, il fantasma dell'A4, sapientemente raccolto e veicolato da Danilo Arona, maestro del brivido.

Il Consorzio Proloco Valpolicella, Excellence Club e la Libreria il Minotauro,in collaborazione con Associazione Il Corsaro Nero, Comitato Salgariano Valpolicella, Premio di Letteratura Avventurosa "Emilio Salgari", Associazione Il Lupo della Steppa, Delmiglio Editore e Cantina Salgari F.lli  sono lieti di invitarvi al tradizionale appuntamento di lettura di Ognissanti domenica 31 ottobre 2010 alle ore 17.30 presso la Libreria il Minotauro a Verona.

L’evento rientra nel cartellone regionale Veneto Mistero.

Gli attori David Conati ed Elisa Cordioli interpreteranno dei racconti fantastici inediti ambientati nel Veneto, opera di autori di tutta Italia, molti dei quali presenti, che si confronteranno sulla vicenda presso la libreria Il Minotauro. 
Una raccolta dei racconti sarà disponibile in libreria ad opera di Delmiglio Editore, con introduzione di Danilo Arona.

Al Termine verranno distribuiti dolcetti e offerta una degustazione Vini Valpolicella a cura della Cantina Salgari F.lli.

Ingresso gratuito. Non accessibile ai portatori di handicap.
Per informazioni:
Consorzio Pro Loco Valpolicella
info@valpolicellaweb.it - tel./fax +39 045 7701920
Excellence Club
club@excellencebook.it – tel. +39 045 8781118

Se io fossi da quelle parti, non perderei una serata di Halloween così speciale! Non c'è neanche bisogno di mascherarsi, a meno che non lo si faccia per puro gusto...

25 ottobre, 2010

Quasi un mese dopo

Le spire del calendario mi hanno risucchiato. E' già passato quasi un mese dal post precedente, segno inequivocabile che la mia latitanza non è un'opinione.
Per carità, non che avessi molto da dire ed è sempre bene evitare parole inutili, ma si presuppone che - almeno nel periodo successivo all'apertura di un sito - si abbia qualcosa da scrivere.
Senza tirarla per le lunghe, oggi ho avuto qualche minuto per ripassare di qua, aggiungere qualche link di amici e siti sui quali mi aggiro con piacere.
Loro scrivono, aggiornano, fanno tutto quello che dovrei fare io. Nell'attesa potete farvi un giro da loro: dite che vi ci ho mandato io!

Piccola nota a margine:

Ho visto per la prima "Fuori orario" di Scorsese. Film del 1985, che ha tutte le rughe possibili. Lento e impacciato. Qualche passaggio forzato. Ho apprezzato solo la chiusura. Mi era stato molto lodato e forse questo aveva creato eccessive aspettative, ma il film sa di vecchio e non è una pura questione anagrafica: Taxi Driver potrei rivederlo infinite volte senza provare quella sensazione.

28 settembre, 2010

La bussola

La sintesi è un gran pregio.
In questo spazio mi propongo di inserire le notizie riguardanti le mie modeste attività letterarie.
Sono talmente modeste da non giustificare uno spazio web dedicato, per questo motivo inserirò anche altro. Dalle segnalazioni di amici scrittori e non, alle iniziative letterarie in genere, non necessariamente legate a Edizioni XII (di cui sono socio).
Mi piacerebbe, ma il tempo è tiranno e la pigrizia è sovrana, pubblicare anche qualche scritto inedito, così, per non perdere l'abitudine e il gusto.

Grazie a questa piattaforma ho potuto organizzare un po' di informazioni in una struttura più simile a un sito che a un blog. Spero sia di qualche utilità.

Infine c'è il link al mio vecchio blog "Strumm und Drunk", da cui tutto è partito, ma che ormai è un blog fossile. Sta lì per qualche archeologo annoiato.

Baci.