L'ultimo saluto dell'anno va a Pete Stevens, co-fondatore del marchio di bassi Wal e persona onesta, appassionata e gentilissima, morto il 28 dicembre a soli 65 anni. Un liutaio, un artigiano, un artista. Grazie al suo lavoro c'è molta ottima musica in giro e molti straordinari strumenti, anche in mano a gente ignobile come me.
30 dicembre, 2011
27 dicembre, 2011
De tuailait saga: brechin bols e la maledizione del Completismo
Mesto meriggio, che per un cinema oscuro miglior opere bigio.
Un matrimonio, una collana d'aglio, chili di cerone e un fritto di scalogno, quando il dente aguzzo sporge e il pelo irto cresce, uno sbadiglio scuote un pathos che non cresce.
Telenovela transilvana in salsa americana, con Lupo de Lupis languido con smartphone e bandana.
Dove il cerone incespica su carne color rosa e l'ululare echeggia in CiGiAi schifosa, è bene aver trastulli per evitar la prosa.
Lo feci per amor, per pietas e caritas, 'ché niuno volle offrirsi e a me toccò il tormento.
Se pur si è visto il primo, lo seguito e lo terzo, non lo ordinò lo medico di beccar puro questo!
L'età in soccorso vien per superar perigli, arrotondar li spigoli e porre novi veti.
Il giovane soccombe al sequel e al malloppone, ma quando i calendari si ammucchiano alle spalle, è tempo di discernere ed evitare le palle. Se un libro fa ribrezzo, sia pure a metà via, è il caso di riporlo: amen o così sia. Non v'è motivo alcuno per cui lo film seriale, dovrebbe seguir regola più lasca e liberale. Se fa cagare il primo, al bando scelte pavide, sotterralo ben bene e calaci una lapide.
Un matrimonio, una collana d'aglio, chili di cerone e un fritto di scalogno, quando il dente aguzzo sporge e il pelo irto cresce, uno sbadiglio scuote un pathos che non cresce.
Telenovela transilvana in salsa americana, con Lupo de Lupis languido con smartphone e bandana.
Dove il cerone incespica su carne color rosa e l'ululare echeggia in CiGiAi schifosa, è bene aver trastulli per evitar la prosa.
Lo feci per amor, per pietas e caritas, 'ché niuno volle offrirsi e a me toccò il tormento.
Se pur si è visto il primo, lo seguito e lo terzo, non lo ordinò lo medico di beccar puro questo!
L'età in soccorso vien per superar perigli, arrotondar li spigoli e porre novi veti.
Il giovane soccombe al sequel e al malloppone, ma quando i calendari si ammucchiano alle spalle, è tempo di discernere ed evitare le palle. Se un libro fa ribrezzo, sia pure a metà via, è il caso di riporlo: amen o così sia. Non v'è motivo alcuno per cui lo film seriale, dovrebbe seguir regola più lasca e liberale. Se fa cagare il primo, al bando scelte pavide, sotterralo ben bene e calaci una lapide.
Questo piccolo sfogo sgangherato è frutto di un'esperienza dolorosa, al limite della sopportabilità umana. Il tormento, aggravato dall'impossibilità del commento libero durante la proiezione, è irrobustito dallo sconcerto per la produzione low-cost di un film a sicuro rendimento. Quest'oscenità, solo nel primo mese (o giù di lì) aveva raggranellato oltre 500 milioni di dollari... Varrà pure un po' di attenzione al trucco e venti euro in più agli effetti speciali?
Bisogna disintossicarsi tutti dal Completismo, questa ossessione di non lasciare le cose a metà.
Liberiamoci da questa catena, se una cosa non ci piace, molliamola (almeno quando parliamo di arte, o supposta tale). Ma chi ce lo fa fare, per esempio, di terminare un libro che non ci piace? Ce ne sono talmente tanti al mondo che non potremo mai leggerli in tutta la nostra vita, nonostante ciò spesso sprechiamo il nostro tempo a finirne di brutti. Rivendichiamo il diritto di interrompere qualsiasi cosa.
È anche una visione più romantica della vita e ci consentirà di dire: "Mah, non so, forse era anche un buon libro. Non posso stroncarlo del tutto, l'ho lasciato a metà, anzi, avevo letto solo le prime tre pagine".
Ci sono mille cose più importanti per cui combattere fino alla fine, ma disperanti saghe di vampiri emo, proprio no.
23 dicembre, 2011
Come vorrei avere, due miliardi al mese...
Sono ormai anni che osservo con attenzione questa scelleratezza, un abominio di cui tutta la classe politica è responsabile. Solo ora, pochi singoli, timidamente cominciano a sollevare la questione in pubblico.
Chi invece l'ha sempre fatto è Gino Strada.
Quanto mi piacerebbe che il 2012 portasse a questi geni che ci governano il coraggio per tagliare le spese militari. Non c'è molto altro da fare. Non stiamo giocando a Risiko, siamo un paese che ripudierebbe la guerra...
http://www.youtube.com/watch?v=McHNfEZv3yQ
Buone feste.
21 dicembre, 2011
Riflessioni natalizie e lo tsunami alle porte
L'articolo 8 della tanto vituperata Costituzione recita quanto segue:
Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano.
I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.
Fate attenzione a non cadere nella trappola sottesa dal primo comma: si stabilisce un'eguaglianza riferita alla libertà, non un'eguaglianza assoluta dinanzi alla legge.
Questo cavillo costituzionale ha permesso e permette allo stato di determinare come trattare ciascun culto, in base alla convenienza territoriale, al suo radicamento o a qualsiasi altro criterio che di volta in volta torni utile.
Ma al di là di ogni distinguo, laddove il culto non determini un'offesa al costume, alla morale o implichi una violazione di una legge, il culto è libero.
Risulta piuttosto evidente a tutti che, al di là della fede di appartenenza, in uno stato laico, tali distinzioni non devono esistere. Se il professare una fede è libero, e quindi si rigetta qualsiasi criterio discriminatorio, non può essere lo stato stesso a tracciare confini, agevolare l'uno o l'altro credo secondo convenienza storica o politica. Eppure è così.
E la recente querelle legata ai privilegi della Chiesa Cattolica, per esempio in ambito fiscale, è solo la punta dell'iceberg. Nutro la convinzione che, come per molti altri aspetti discutibili di questa nazione, l'occhio critico e sempre meno tollerante del popolo di Internet (composto in prevalenza dalle nuove generazioni) dilagherà nel volgere di pochissimo tempo. Basta guardarsi indietro di tre o quattro anni per rendersi conto di quanto lo scenario attuale sia andato oltre ogni più ardita previsione. L'influenza che le opinioni coagulate in rete stanno avendo è in ascesa rapidissima. Le cose stanno cambiando in modo fulmineo e le nuove generazioni sono quelle che inevitabilmente invaderanno i posti di comando del futuro. L'elite reazionaria (su qualsiasi piano la si intenda) dovrà arrendersi ai numeri, perché ciò che viene dal basso è come l'acqua: prima o poi una via d'uscita la trova. E come l'acqua, tanto più stretta sarà la fessura attraverso la quale filtrare, tanto più violento sarà il getto e devastante l'inondazione.
Le iniquità e i privilegi resistono quando il benessere è distribuito a sufficienza, quando la pancia è piena e allora si tollera anche qualche differenza di troppo. Oggi la tavola è spoglia, il banchetto ridotto, anche queste festività hanno un gusto dimesso. La fame (o la necessità) aguzzano la vista e l'ingegno, alimentano il rancore e sottolineano i contrasti.
Io, nel mio piccolo, suggerisco una piccola modifica costituzionale. Il primo comma dell'articolo 8 dovrebbe diventare:
Tutte le confessioni religiose sono libere ed eguali davanti alla legge.
Non sarebbe male rimuovere anche il secondo comma dell'articolo 7 che delega i rapporti tra lo Stato Italiano e la Chiesa Cattolica a quanto contenuto nei Patti Lateranensi.
Perché se il culto è libero io posso, senza violare alcuna legge, dedicarmi a qualunque fede e non sentirmi discriminato, sminuito, emarginato.
E per la questione dell'ICI, togliamo ogni privilegio anche ai luoghi di culto, per ogni religione. È un atto di civiltà e un bene che facciamo anche alla Chiesa (di qualunque tipo essa sia). È un modo per obbligarli a recuperare la credibilità perduta nella ingiustificabile rincorsa alla stabilità o prosperità economica. Non c'è niente di religioso nel potere economico (escludo dal discorso Zio Paperone e Rockerduck, loro vivono per un nichelino). Le chiese devono ritrovare le loro origini che nulla hanno a che vedere con il denaro e con i privilegi materiali.
Ecco, Babbo Natale, tu che non esisti se non nella genialità di un pubblicitario americano degli anni '30 che trovò la sintesi nel tuo allegro costume rosso, regala un po' di buon senso a quei fossili che ancora si illudono che le cose non cambieranno mai: qui, se non cominciano a scendere tutti sulla terra, abbandonando i loro scranni rialzati e comprendendo che l'acqua sta già premendo forte dietro il muro, rischiamo di non vederlo natale 2012. E i maya non hanno niente a che fare con questa fine del mondo.
07 dicembre, 2011
Dostoevskij, Bunker e poi l'oblio.
"Ivan Karamazov, l'aveva detto con poche parole essenziali; «Se non c'è nessun Dio, allora tutto è permesso»."
È una citazione dell'immenso Fedor Dostoevskij che Edward Bunker usa per sintetizzare parte del pensiero di Troy Cameron, protagonista del bellissimo "Cane mangia cane".
La vicinanza dei due autori è sin troppo evidente. Dostoevskij può essere senza dubbio indicato come uno, se non il solo, capostipite del genere "noir". In "Delitto e Castigo" del 1866, credo per la prima volta in assoluto, il protagonista è il criminale e lo sviluppo, quasi del tutto psicologico, ha inizio dall'atto criminoso di cui è rivelato come colpevole. Questo rovesciamento di prospettiva rispetto al romanzo giallo determina un elemento fondante del nuovo genere.
Bunker è, per mio gusto personale, tra gli autori più efficaci e credibili degli ultimi anni, sebbene i suoi siano romanzi assimilabili al noir fino a un certo punto. Sono più viaggi psicologici e sociali, quasi romanzi di formazione, e in questo il suo maestro è senza dubbio il russo di cui sopra.
Comunque, su questi temi si è scritto e si potrebbe scrivere fino al varo di un decreto che tagli le spese agli armamenti in Italia (ordini per 131 aerei f35/jsf il cui costo base è 18 miliardi) e quindi passo oltre.
Questo post è riferito alle implicazioni sterminate che la frase di Ivan Karamazov contiene.
Sono quello che si definisce un agnostico. In poche parole non credo all'esistenza di un dio né alla sua non esistenza.
Di certo rifiuto la necessità e il valore di qualsiasi organizzazione, dottrina o forma di mediazione tra le creature viventi e una forma "divina". Dico creature viventi e non senzienti, perché non escludo che forme di vita che ci arroghiamo il diritto di considerare inferiori, siano in costante e diretto rapporto con l'entità che ci sforziamo, spesso ipocritamente, di evocare, adorare e usare come scudo. Chi ci dice che un cane, un gatto o un lombrico non parli con Dio più del cardinal Bertone? Di sicuro è più in sintonia con la natura (che dovrebbe essere diretta emanazione della volontà celeste).
Comunque il punto è un altro: da ateo agnostico non posso che sottoscrivere la sintesi di Karamazov e limitare qualsiasi regola alla sfera della morale e della cultura che ci siamo costruiti. Per questo motivo rivendico anche il diritto di confutarla sotto ogni aspetto e di ridefinire un insieme di regole private il cui unico scopo sia il rispetto delle mie convinzioni e della mia morale. Devo essere in pace con me stesso, non mi interessa essere per forza in armonia con la società che non mi sono scelto.
Infine, questo è il punto dolente che mi fa arrovellare, è un'altra ovvia implicazione della frase di Dostoevskij: se non c'è nessun Dio, non c'è neanche nessun significato, nessuno scopo. Tutto si limita all'equilibrio con il proprio io. Qualsiasi gesto della vita quotidiana si svuota di significato prospettico. Il domani è un concetto delirante, illusorio. La costruzione e il progetto, l'ansia per il futuro, per le conseguenze che le attuali scelte produrranno valgono il conforto dell'attimo e nulla più.
Ha senso il presente, nei suoi riflessi emotivi, nell'onesta proposizione della propria identità, nell'appagamento del desiderio secondo la sensibilità di ciascuno.
Sono valutazioni che chiunque ha fatto o può fare. E non mi intristiscono neanche un po', mi spaventa solo la maggiore solidità che certe considerazioni acquisiscono giorno dopo giorno.
Quello che è deprimente, nella mia visione delle cose, è che si debba continuare a lottare anche sul piano materiale ogni giorno, nonostante si abbia la convinzione che sia la costruzione del nulla.
Il punto è che, oblio o non oblio, amo ancora la vita in modo profondo. Sono tenacemente avvinghiato ai miei affetti, alle mie passioni e voglio, prima di raggiungere un oblio rasserenante, goderle a lungo e con il minor numero di compromessi possibili.
Quello che veramente mi disgusta è la società iniqua e distorta che ci siamo costruiti intorno, la vigliaccheria profonda che mi ha trasmesso e che mi impedisce di infrangere i legami con una dimensione che, comunque la guardi, continuo a ritenere insensata e di valore nullo.
L'oblio, se calasse dall'alto senza preavviso e annichilisse tutta la nostra insana consapevolezza elevandoci agli animali che troppo spesso bistrattiamo, sarebbe il dono più grande che qualunque entità superiore potrebbe donarci. Ma forse è essa stessa troppo sadica per privarci dell'intelligenza e della supponenza che ne deriva.
Iscriviti a:
Post (Atom)