22 dicembre, 2015

Joe Strummer (al secolo John Graham Mellor) – 13 anni dopo

Oggi ricorre il tredicesimo anniversario della scomparsa di Joe Strummer. Per i meno attenti, leader dello storico gruppo rock (etichettarli punk, per me, sarebbe superficiale) "The Clash".
Negli anni, ho scritto più volte di lui. D'altro parte, avendolo come immagine personale, di copertina e ispiratore del mio pseudonimo, sarebbe stato ingeneroso non farlo.
Nel ricordarlo oggi, mi interessa sottolineare quale sia l'aspetto che, almeno in principio – soltanto a livello inconscio –, lo ha reso cruciale per il mio rapporto con la musica.
Un aspetto che ho poi, sempre con maggiore consapevolezza, tenuto presente, sia nella "selezione" della musica da ascoltare che, ancor di più, nella musica che ho suonato e suono tutt'ora.
Non sto rivelando il settimo segreto di Fatima. La chiave di tutto è soltanto la passione. La capacità di mettere l'anima nelle cose che si fanno.
La musica è un linguaggio di potenza inarrivabile che garantisce a tutti la possibilità di entrare in contatto con se stessi, con la propria emotività. Un mezzo così forte va sfruttato al massimo, prima con il cuore e poi con le capacità tecniche che si possiedono o si costruiscono.
Non ricordo quale sia stato il primo pezzo dei Clash che ho sentito. Forse Janie Jones, avevo all'incirca sette anni e quindi ho qualche scusante. Ma credo di aver percepito, sin da allora, a un livello profondo, che quel cantare strillato e sgraziato contenesse molta più materia della gran parte della musica che si ascoltava di norma.
C'era poca educazione, pochissima tecnica, zero virtuosismi e una composizione esigua, ma il disco d'esordio era come la canna di un mortaio: proiettava l'energia di quei versi rapidi a una distanza enorme e a una profondità altrettanto grande.
Da allora ho cercato sempre di individuare chi possedesse questa capacità, non di emozionare, ma di emozionarsi facendo musica. Se in un musicista manca questa componente, si è di fronte a un impiegato della peggiore specie. Avvilire la musica a un esercizio tecnico è un delitto.
La tecnica è importantissima, ne so qualcosa io che ne sono privo, ma se fossi costretto a scegliere, la subordinerei sempre alla passione, all'anima, alla pancia.
Joe Strummer, con quella voce roca e dall'estensione ordinaria, a mio parere è l'incarnazione perfetta di questo concetto. Reale, tridimensionale, onesto in musica e testi (molti dei quali straordinariamente profetici e ancora attuali). Non era un angelo venuto a carezzarci il cuore, ma un operaio venuto a scuoterci il sangue.


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