È tantissimo tempo che non scrivo un post. La scrittura è diventata una ferita aperta che duole anche quando me ne prendo cura. Ma avevo bisogno di mettere in ordine questo pensiero degli ultimi giorni. Una riflessione del tutto personale cui dovevo dare sfogo.
Ho sempre avuto la convinzione che il nostro destino, il percorso che facciamo, sia uno slalom tracciato da un numero finito di paletti, momenti significativi di natura diversa.
Alcuni di questi "nodi" sono gradini della scala di consapevolezza che dovremmo progressivamente salire man mano che cresciamo.
Qualche sera fa credo di aver riconosciuto uno di questi passaggi.
Mi sono reso conto che un dolore lontanissimo, la cui eco ancora torna a disturbarmi con frequenza quasi quotidiana, offriva uno spiraglio di uscita mai considerato prima. Questo spiraglio era rappresentato dalla possibilità di ringraziare chi aveva causato quel dolore e di ritenermi fortunato perché quel dolore mi era stato procurato.
Sembra pazzesco, paradossale o masochista, e forse è un po' tutte e tre queste definizioni, ma è anche vero.
Il punto è che alcune delle illusioni di cui ci nutriamo, quando iniziano a sgretolarsi, si rivoltano contro di noi divorandoci a loro volta. E nella sorda ostinazione del non voler o saper riconoscere che i piatti della bilancia si sono invertiti, accogliamo l'inizio strisciante di un'infinita agonia mascherandola di giustificazioni che appaiono solide soltanto ai nostri occhi.
Il punto è che con l'età credo di aver capito di preferire un boia a un aguzzino. Ma è molto più difficile incontrarne. Nel mondo che tendiamo a costruirci scegliamo spesso la mezza verità, la mediazione, la correttezza apparente alla verità brutale. Perfino il boia a volte non ha la forza di dirti perché ti taglia la testa, ma te la taglia e passa oltre.
Io raramente riesco a essere boia e questo, per la maggior parte del tempo, non mi aiuta a stare in pace con me stesso.
Quello di cui non ho parlato è il perdono, perché nella mia idea di perdono è necessaria la comprensione. Non posso perdonare qualcosa che non sono in grado di capire, non condividere, ma capire.
Nonostante tutto, il male cui faccio riferimento non l'ho mai capito fino in fondo e quindi mi è impossibile archiviarlo, ma so – quando non mi racconto cazzate – che è stato meglio così.
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