08 agosto, 2016

Quella strana vacanza a Zagabria.

Leggevo dell'incidente occorso ad Adriano. Mi dispiace per lui, ma non mi sorprende più di tanto: è sempre stato schiavo del suo storico tormentone. Quando iniziammo a fare parapendio, ormai molti anni fa, appena toccavamo terra intonava quel ritornello strillato e roco. L'istruttore, un ex-paracadutista di Belluno lo guardava con divertimento e, più per spegnere le grida, che per reale convinzione, si organizzava subito per il volo successivo. Per la legge dei grandi numeri, prima o dopo sarebbe dovuto accadere.
Comunque questa sventura del Pappa, mi ha fatto ricordare uno strampalato viaggio in Croazia (all'epoca splendida Jugoslavia) in compagnia di Werner Herzog e K.K. Era più o meno questo periodo dell'anno, a pochi giorni dal ferragosto. Werner mi chiamò dopo colazione, lo ricordo con certezza, perché corsi dal bagno ancora a braghe calate (nel 1985 non esistevano i cellulari). Quando gli confessai che mi aveva beccato sul trono,  ridemmo di gusto. Werner è un uomo di grande cultura e per questo trova divertente anche l'umorismo alla Gianni Ciardo.
Comunque mi chiese se volessi accompagnare lui e K.K. a Zagabria. Colse la mia perplessità e quindi mi spiegò che K.K. era infastidito dalla notorietà di cui ancora godeva Bela Lugosi, nonostante la sua formidabile interpretazione di Nosferatu. Aveva deciso di andare oltre, voleva fare abbattere la distanza tra l'attore e il personaggio.
Esclamai: "Werny, ma che cazzo si è bevuto stavolta?"
"Niente, lo giuro. E' quasi un mese che va avanti questa storia, e se non lo porto a Zagabria non se ne esce".
"Scusa l'ignoranza, ma perché Zagabria? Ma non è più logico andare in Transilvania per queste cose?"
"Ma dove vivi? Non lo sai che i dentisti in Croazia costano la metà?"
A quel punto realizzai: K.K. voleva farsi impiantare due canini super-extra-lusso. "Ma non gli basta una dentiera col fischietto, di quelle di Carnevale? C'è un giocattolaio sotto casa mia che le vende a 1500 lire".
"A K.K.? Scherzi? No, lui vuole l'impianto funzionante".
"Capisco, è una questione seria. Mi do una pulita e ti richiamo".
"Ok, ma sbrigati!"
"Ah, prima che mi dimentico: io per ferragosto avevo già in programma un viaggio in Polonia con l'amico di Martucci".
"Ma con le calze?"
"E le penne. Abbiamo già tutto, si va a Cracovia", spiegai.
"Eh, vediamo. Al limite prendi un aereo da Zagabria e lo raggiungi".
Finì che ci incontrammo a Trieste e da lì, con l'auto di K.K., proseguimmo insieme. Pareva di viaggiare nella macchina degli Addams: un incrocio tra un carro funebre e un castello ambulante. K.K. l'aveva fatta personalizzare e si era attrezzato perfino un sagello dove riposare durante i lunghi tragitti. A me sembrava un tantino eccessivo, ma Werner si era raccomandato di non dargli peso, per non aggravare l'ossessione del nostro amico.
Per inciso, con la scusa del vampirismo, se ne stava tutto il tempo incappucciato e con le mani incrociate e a noi toccava guidare.
Per fare conversazione bisognava provocarlo parlando di Bela.
Arrivati a Zagabria riuscimmo a convincerlo a vestire un po' più casual, per non dare nell'occhio. Facemmo leva sul fatto che un vampiro a zonzo sotto il sole a picco attira l'attenzione.
Cercammo subito un barbiere: doveva radersi la pelata con cura una volta al giorno.
Nel pomeriggio andammo dal dentista. Aveva un attico stile Bertone in piazza Petar Preradović, le finestre affacciavano sulla cattedrale della Trasfigurazione del Signore, una coincidenza bizzarra, viste le intenzioni di K.K.
Io e Werner avevamo provato a dissuaderlo con cautela, come quando si fa con un adolescente che voglia tatuarsi un giaguaro sulla scapola o un ideogramma sulla pancia, se ne avrà a pentire prima o poi, ma K.K. è sempre stato cocciuto come un asino di Orosei.
Il dentista, tale Franjo Susic, gli scarabocchiò un paio di idee sul retro di un manoscritto del XIII secolo.
La prima bozza avrebbe trasformato K.K. in una specie di tigre dai denti a sciabola, col rischio di infilzarsi il costato al primo colpo di sonno. Nel secondo, più discreto, i due grossi denti avrebbe poggiato sul mento, anche qui, soluzione poco pratica.
Cercando di aiutare il mio amico, lanciai l'idea di una dentatura retrattile. Werner alzò il sopracciglio incuriosito, mentre K.K. ordinò: "Disegnalo!"
"Ok", risposi. Allungai la mano per farmi passare la penna dal dott. Susic, ma questi sghignazzò: "Te la sogni questa penna, è appartenuta a Paracelso!"
In effetti sembrava una BIC piuttosto antica e preziosa. Non potevo perdermi in una discussione del genere. Mi guardai intorno e, non vedendo alcuna penna a disposizione, chiesi loro di aspettare e andai a recuperare il borsone per Cracovia dal portabagagli della macchina.
Per sbrigarmi portai su tutto.
Quando tirai fuori il pacco di BIC, K.K. mi sgranò gli occhi e posso assicurare che quello sguardo era inquietante anche senza zanne sguainate. "Ma che cazzo ci fai con tutte quelle penne?" esclamò in dialetto transilvano.
"Devo fare ferragosto con l'amico di Martucci, a Cracovia", risposi.
"Non mi avevi detto niente".
"K.K., sono due giorni che parliamo solo di denti e di Bela Lugosi", lo rimproverai bonariamente.
A quel nome fu scosso da un brivido. "Ok, ok. Ma a che ti servono quelle penne a Cracovia?" chiese, mentre anche Franjo si sporgeva dalla sua poltrona Luigi XV.
"Be', insomma, insieme alle calze di seta che ho nel borsone, dovrebbero spianarci la strada..."
"Ma di che parla?", si intromise il superdentista.
Chiusi il pugno e feci un gesto inequivocabile col braccio. Improvvisamente fu come se un enorme sole si fosse acceso in quello studio sterminato.
K.K., in un unico elegante movimento, lanciò il mantello oltre una finestra aperta e spianò la gobba. Sul viso gli si aprì un sorriso da marpione. Franjo Susic allontanò con un calcio la costosa poltrona mandandola in frantumi e si piazzò a gambe divaricate in una posa alla Elvis Presley: "E se mi aggregassi? Ho una collezione di penne antiche!"
Io restai con la BIC in mano, a bocca aperta. Incrociai lo sguardo di Werner, silenzioso alle loro spalle. Mi sorrideva sornione, forte della sua profonda conoscenza dell'animo maschile che così si può riassumere: "Tira più..."
Nel pomeriggio partimmo per Cracovia su una Rolls bianco perla del nobile odontoiatra. Che poi, coi prezzi dei dentisti a Zagabria, ancora non sono riuscito a spiegarmi come avesse accumulato tante ricchezze.
A Cracovia incontrammo l'amico di Martucci, aveva dimenticato penne e calze, ma ne avevamo d'avanzo.
K.K. si trasformò in una specie di Sukia al maschile, Vlad III di Valacchia impallidirebbe al racconto della devastazione che K.K. riuscì a portare nella città polacca.
Anche l'odontoiatra piazzò qualche otturazione e non fu da meno l'amico di Martucci. Werner e io li lasciammo fare, sono bimbi, si sa.
Werner riprese qualche scena, che poi, saggiamente, decise di dare alle fiamme.
Una sera, mentre K.K. gongolava tra due polacchine, Werner mi si avvicinò: "Guarda. Osserva", suggerì intrecciando le mani nel classico gesto dell'inquadratura. "Ha abbandonato il ruolo, la sua ossessione, e ora è felice".
Mi sentii in dovere di correggerlo: "Werny, a me sembra solo che abbia cambiato ossessione. Ha ancora delle brutte occhiaie, ma non sono più fatte con la matita".

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