"Visto che devo sta' qua tutto il giorno, meglio avere qualcosa da fare". Sacrosanto!
Il problema è che, in modo graduale, a causa degli effetti spesso devastanti di quel fare, i compiti a lui affidati sono diminuiti fino a raggiungere lo zero. E così, non si capisce bene il perché da prima delle 8:00, ogni mattina ndrondrone è qui ad annoiarsi. E ad annoiare. Spende dai 60 ai 700 euro giornalieri alle macchinette, tra taralli, crostatine, cipster al formaggio e caffè. Per tenersi sveglio, si capisce. Come Totò in "Totò, Peppino e i fuorilegge", quando contestava alla sua avarissima moglie (l'inarrivabile Titina De Filippo) lo scarsità della tazzina, che gli serviva per esser desto.
Per inciso, ogni tanto dovremmo rivedere tutti i primi dieci minuti di quel capolavoro di comicità. Fa bene al cuore.
Comunque la dilapidazione della metà dello stipendio tra macchinette, bar e mensa non è affar mio. Lo è il continuo andirivieni tra la macchinetta e la stanza su scarpe dai tacchi rumorosi, scartando costantemente involucri fruscianti, sgranocchiando senza contegno e girando freneticamente caffé che poi beve con risucchio. Sì, come un bambino alla prima minestra calda. E, come un bambino, grugnisce, starnutisce senza controllo e condivide tutta la sua attività corporea.
Poverino, si annoia, e deve ammazzare il tempo, si capisce. Almeno finché il sottoscritto non lo libererà in via definitiva da questa agonia (la Roma - Fiumicino è sempre a due passi da qui, semmai volesse fare una bella sgambata contromano).
Ora nel pollaio siamo diventati dodici, responsabile incluso, e qualcun altro, che prima non frequentava ndrondrone, ha iniziato a rendersi conto della situazione. Gli si dà fiducia tutti, in principio, perché è un povero cristo, ma poi ci si accorge, abbastanza in fretta, che è una vera jattura e che meno si interagisce, meno si intacca la propria dose di pazienza e tolleranza da ufficio.
Così arrivano nuovi richiami, più o meno aspri, difficilmente acidi come i miei, da nuove persone, e questo — a chiunque altro — indurrebbe un minimo di riflessione, di autocritica, ma in lui no. Lui è imperturbabile, invulnerabile, ineffabile, o più semplicemente incosciente. E' chiuso in un bozzolo di insensibilità simile a quello di un arto addormentato. Sono tutti sassi gettati in uno stagno. Non c'è verso che abbia, anche solo per l'accidentale collisione di due neuroni, uno scatto di consapevolezza. Sospetto che in quel testone ci sia il vuoto pneumatico, o un brodo primordiale pronto a tracimare e a spazzare via l'umanità e la versione di realtà che conosciamo.
E poi ci sono gli episodi, infiniti, che mi mandano in vibrazione, imponendomi nuovi interrogativi. E non li cerco io, me li raccontano sadici colleghi che ormai conoscono quanto io sia debole.
Gli ultimi due aneddoti.
Primo:
entrato alle 7:30 o giù di lì, alle 9:25, aggregandosi a un gruppo di colleghi al caffè lamenta di non aver potuto timbrare perché i lettori indicavano tutti "uscita". Lo sbigottimento ha assalito i presenti per due semplici motivi:
- quei lettori sono installati da anni e tutti, anche un ricciolo di polvere del garage, sanno che basta toccare lo schermo per commutare da "uscita" a "entrata".
- ha, come molti di noi, l'obbligo di una sola timbratura ed è del tutto indifferente se la stessa sia indicata come "entrata" o "uscita" purché sia rispettato l'orario
Secondo:
ha cinquantanni, nulla da fare in ufficio, visto che lamenta la noia, ma lascia che sia suo padre ottantenne a fargli la denuncia dei redditi e non si preoccupa di verificare, al minimo, che sia stata fatta. Poi scopre, quando non gli arriva nessun rimborso, che il padre — sant'uomo — aveva inserito tutto correttamente sul sito dell'INPS, ma si era fermato all'esito OK della verifica automatica (supponendo fosse sufficiente) senza inviare i moduli completati. Ora deve rivolgersi a un commercialista e fare il modello unico.
Unico. E' la definizione più calzante e meno crudele.
Sì, lo so, comincia a sembrare un'ossessione, ma posso garantire che se lo spostassero anche solo di due stanze più in là, tutto si concluderebbe. Sto esorcizzando, sto razionalizzando, sto evitando di diventare un killer.
Preferisco pensare che a causa di una sfortunata crepa nel tessuto spazio-tempo una "cosa" sia precipitata in questa versione dell'universo, in questo continente, nazione, città, ufficio, stanza e che, prima o poi, arrivi qualcuno a riprendersela indietro, anche senza chiedere scusa (ci mancherebbe).
A me bastava Menelao Strarompi di Panelli. Questo eccesso di realtà mi strema. Datemi fiction (non RAI se possibile).
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